20 dicembre 2010

Niente consigli...forse soltanto uno, e sulla vita!

Mi piacerebbe dare nuovi consigli, ma per adesso non ne ho...
Non mi sono impegnata abbastanza ^_^
Diciamo che l'alimentatore del mio amato notebook si ruppe in un momento di fervente lavoro, poi è resuscitato incredibilmente e sono stata quasi presa x pazza dal mio ragazzo che non riusciva a capire che problemi avesse questo maledetto caricabatterie che ovviamente, di fronte a lui, a suo padre e al tecnico funzionava perfettamente! E adesso che tutto è tornato alla normalità devo ammettere che scrivo a malapena xkè ho un mare di cose per la testa...
Nei giorni che ho trascorso senza poter continuare la correzione degli ultimi 5 capitoli del primo libro della mia adorata trilogia fantasy, la vita mi ha messa di fronte a grandi dilemmi.
Melina si sentiva una fallita, fondamentalmente.
Melina viveva nell'ombra di Marco e sperava nei successi di lui per poter restare a galla anche lei...
MA STIAMO SCHERZANDO?
Io adoro il mio ragazzo, per me è già mio marito (se non ci fosse il fattore economico ad impedircelo, a quest'ora saremmo certamente già sposati) e prego ogni santa sera affichè si realizzi e trovi la sua strada in un mondo grigio come il nostro, tuttavia non voglio affidare la mia esistenza nelle sue mani.
Morirei senza il suo amore e la sua vicinanza, ormai il nostro rapporto ha qualcosa di simbiotico che ci tiene legati stretti stretti e ci rende felici felici, xò la mia realizzazione personale non c'entra niente con lui.
Un giorno, quando eravamo al 2°anno delle superiori, la prof di scienze della natura ci interrogò entrambi (come sempre io avevo studiato e lui no) e lui ebbe 8 e io a malapena 7. Quando suonò la campanella, lei mi si avvicinò e mi disse che la mia interrogazione le era piaciuta, ma che non brillavo di luce mia, che vivevo nella luce di Marco. Io mi arrabbiai e le risposi che si sbagliava di grosso.
In poche occasioni è capitato che le parole di qualcuno riuscissero a ferirmi così profondamente, specie perchè in quel momento le affermazioni di quella che reputo tutt'oggi un'emerita imbecille non erano assolutamente fondato, almeno non in quel momento nè in quegli anni.
In questo periodo invece, se qualcuno avesse usato le sue parole, avrebbe avuto nettamente ragione. Mi sono chiusa in casa, anche se col sorriso, ed ho scritto e scritto e scritto e man mano il mio scrivere è diventato disperato, il mio libro è diventato il mio riscatto...
Intanto Marco non trovava lavoro ed io pensavo al futuro come un accontentarmi di 500 euro al mese facendo la schiava in qualche negozio o come estetista e vedevo lui in una pizzeria a fare 12/14 ore di lavoro per portare avanti la famiglia...
Non mi ero data alternative e in effetti, la mia fobia scolare, non me ne concedeva.
Il mio libro stava diventando pian piano la mia fonte di speranza e di sogni...forse un'illusione.
Scrivere è la mia passione, ma potrei emergere come scrittrice fra un anno come fra 10 anni, per cui la mia vita non può basarsi su queste pagine scritte che comunque sia fanno la mia gioia.
Ero inquieta, erano mesi che facevo incubi tutte le notti e ogni giorno mi sentivo fragile e inutile, e non facevo altro che rifugiarmi nelle mie correzioni, fino a quando l'alimentatore non ha cominciato a fare i capricci.
Uno, due, tre giorni senza poter scrivere, senza poter continuare, mi hanno messa in uno stato di acceso nervosismo che è scemato soltanto quando, per un puro caso della vita, mi sono ritrovata ad andare nell'ospedale pediatrico in cui lavora il papà di Marco.
Siamo andati lì e nel bar dell'ospedale abbiamo parlato a lungo con lui del suo lavoro (tecnico di radilogia) e dell'università.
Quando siamo usciti dal parcheggio dell'ospedale, mi sono detta che Marco (che non voleva saperne) avrebbe potuto intraprendere questo percorso, magari con il mio aiuto, e fare un lavoro redditizio e meno stancante del suo...E poi mi sono guardata con gli occhi della mente e mi sono chiesta perchè mai pensavo soltanto a lui quando poi avrei potuto pensare per entrambi.
La fobia scolare mi stava rovinando e ancora i suoi artigli mi graffiano la pelle, ma ho deciso di tentare la scalata.
A luglio diploma e ad agosto i test per l'ammissione...
I miei problemi non sono cambiati e forse non ci riuscirò, ma il solo fatto di voler tentare per me è già una gran vittoria!
Quello che ho capito è che non bisogna mai scrivere con disperazione. Si scrive solo ed esclusivamente per il piacere di farlo e con il piacere di farlo, senza mirare a nulla. Scrivere non è un vincolo, ma una libertà, scrivere è esprimere se stessi e proporsi ai lettori senza aspettative.
Da quando ho capito, scrivo nuovamente per la gioia di farlo e per nient'altro...la mia carriera e il sostentamento per la mia futura famiglia lo costruirò contando sulle mie forze e sul mio lavoro.
Se poi un giorno sarò soltanto scrittrice che ben venga, ma prima di allora voglio rimboccarmi le maniche e brillare...brillare...

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